Trust, [In anteprima su WR]

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Naive°
view post Posted on 26/8/2008, 14:05




Ringraziamenti:
Questa fic è nata grazie a ely93[che ha letto tutto in anteprima e con cui ho discusso la trama] e RaggiodiLuna[ che ha betato ogni singola parola.]





Trust





1. Il peso della realtà







La pallida luce di un mattino autunnale illuminò il suo viso. Raggi di sole filtravano attraverso le tende della camera, mentre una brezza leggera soffiava attraverso la finestra aperta.

Hermione Granger si rigirò nel letto, sospirando contrariata per essersi svegliata. Il suo sonno era stato tranquillo e pacifico, totalmente inconscia non si ricordava nulla di ciò che aveva sognato.

Aprì gli occhi lentamente, visto che oramai non c’era verso per lei di riaddormentarsi; il letto al suo fianco era vuoto: Ginny evidentemente era già scesa a fare colazione.

Stiracchiandosi e sbadigliando rumorosamente, scostò le coperte dal letto e si alzò in piedi, barcollando, la mente ancora annebbiata dalla stanchezza.

Era da due settimane che si era trasferita alla Tana, l’ultimo anno ad Hogwarts stava per cominciare, e Ron, come ogni estate, aveva invitato lei ed Harry a passare gli ultimi giorni di vacanza con la sua famiglia.

Ancora in pigiama scese le scale dirigendosi lentamente verso la cucina. Stropicciò gli occhi un paio di volte cercando di vedere meglio, ma il risultato fu ancora peggiore.

Alzò le spalle sapendo che prima o poi si sarebbe abituata alla luce.

Raggiunta la cucina aprì la porta con lentezza mentre compiva i primi passi nella stanza.

Ancora una volta sbadigliò, chiedendosi se in verità avesse realmente dormito vista tutta la stanchezza che le era piombata addosso.

I suoi occhi si spostarono su tutte le persone presenti nella stanza; Harry e Ron erano seduti, stranamente composti non toccavano cibo, fissandosi le mani che stringevano delle tazze. Molly si abbracciava il torace, appoggiata ad un mobile della cucina, lo sguardo fisso a terra e le gambe incrociate. Arthur invece stringeva il giornale, il volto nascosto fra le pagine del quotidiano, mentre Remus teneva le mani incrociate dietro la nuca e fissava intensamente Hermione.

La ragazza ricambiò il suo sguardo, leggermente perplessa e preoccupata.

Era forse successo qualcosa?
Notò l’assenza di Ginny dal tavolo; i gemelli invece era da un pezzo che non frequentavano più la casa paterna vista la loro sistemazione a Diagon Alley.

“Hermione, cara… Siediti” disse Molly rinsavendo dal suo silenzio.

La ragazza ubbidì, evitando di spostare lo sguardo dal suo vecchio professore di Difesa contro le Arti Oscure. C’era qualcosa in quegli occhi che non era in grado di percepire, ma sicuramente non le piaceva per nulla.

Gli occhi dei due suoi amici non lasciarono il tavolo che sembrava essere perforato dal loro sguardo. Una sensazione di paura l’avvolse, mentre la frustrazione si faceva strada in lei.

Visto che nessuno accennava a parlare, Hermione prese l’iniziativa, voltandosi verso gli adulti che risiedevano nella stanza.

“Qualcuno mi vuole spiegare cosa sta succedendo?” chiese severa spostando il suo sguardo fra i presenti.

Gli occhi di Molly saettarono verso quelli di Remus, che si chiusero per un istante, mentre il Lupo Mannaro sospirava rumorosamente.

L’attesa la stava facendo impazzire.

Il suo cuore iniziò a batterle velocemente nel petto quando ancora nessuno accennava a spiegarle qualcosa. Si guardò attorno esterrefatta per poi ripetere la sua domanda con più enfasi.

“E’ meglio se andiamo fuori, Hermione” disse improvvisamente Lupin con voce secca precedendola in giardino.

La ragazza lo guardò sorpresa, mentre gli occhi dei due amici saettavano verso l’alto muovendosi fra la ragazza e l’insegnante.

Hermione colse l’espressione di Ron mentre osservava sua madre prima di abbassare nuovamente lo sguardo.

Il suo cuore cominciò a battere più veloce, mentre con gambe tremanti si alzava per seguire Remus.

Camminò lentamente dietro di lui, aspettando che parlasse, ma il suo ex insegnante continuava ad addentrarsi sempre di più nel giardino della casa, oramai salendo verso la collina da cui si poteva osservare la casa dei Lovegood.

La sua bocca si era seccata per la tensione, palpabile nell’aria; la gola era secca, gli occhi spalancati, le narici dilatate, mentre il cuore le era salito fino in gola e lo poteva sentire stringersi in una ferrea morsa mano a mano il tempo passava.

Nonostante ci fosse il sole in cielo, uno strato di nuvole impediva alla stella di illuminare con piena forza la terra; la luce era opaca, la giornata si presentava pesante.

Improvvisamente il Lupo Mannaro si sedette sul prato, appoggiando le braccia sopra le ginocchia e incrociando i palmi delle mani.

Hermione rimase in piedi fissandolo preoccupata.

“Remus…” cominciò con voce secca “Puoi parlare, per favore? Mi stai facendo preoccupare…” continuò perplessa fissandolo con ansia.

“Siediti, Hermione” rispose lui chiudendo gli occhi per un momento e poi portandoli nuovamente su di lei.

Dio, era troppo giovane.

“Remus…” lo spronò la ragazza ubbidendo alla sua richiesta.

Il suo sguardo la fece fermare; quegli occhi blu celavano dolore dentro le iridi oceaniche che possedeva; celavano dolore e preoccupazione che non era in grado di nascondere per quanto tentasse.

Il ritmo del suo cuore accelerò ancora di più, se possibile.

“C’è stato un attacco dei Mangiamorte stanotte.” Cominciò atono l’insegnante spostando lo sguardo verso la casa.

La bocca della ragazza si seccò ulteriormente. La morsa nel suo petto si fece più pressante.

“Hanno colpito a Londra, in una casa di Babbani” continuò chiudendo gli occhi.

Hermione aspettò, impaziente.

Ma non era del tutto sicura di volere sentirle altro; una voce nella sua mente stava urlando, pregando perché lei si tappasse le orecchie, ma non fece nulla, rimanendo completamente ferma, l’ansia stava invadendo le sue membra, che avevano cominciato a pulsare per il suo stato d’animo.

“Non ci sono stati sopravvissuti.” Annunciò serio e costernato il Lupo Mannaro stringendosi le mani attorno alle ginocchia.

“Erano i miei genitori…?” sussurrò trattenendo il respiro.

Lo sguardo di Remus saettò incontrando quello della ragazza.

Da quando Hermione era entrata in cucina quella mattina, aveva avuto quella strana sensazione; il comportamento di tutti l’avevano indotta a pensare che qualcosa fosse andato storto e il non volerle dire niente, poteva solo significare che fosse successo qualcosa a qualcuno a cui lei teneva davvero.

Quando poi aveva cominciato a darle informazioni di quell’attacco, aveva saputo dal principio che erano i suoi genitori.
Ora stava solo aspettando che lui rispondesse, l’ultima fiamma di speranza ardeva nei suoi occhi.

Vederla spegnersi per Remus era una tortura. Decidere di comunicarle la notizia era stato però doveroso; era stato lui a comunicarla quella mattina presto a Molly, Arthur e tutti gli altri, quindi non vedeva perché non avrebbe dovuto dirlo anche ad Hermione stessa.

Il suo cuore si strinse nel suo petto di lupo, il dolore che le avrebbe provocato quella notizia sarebbe stato incolmabile; l’amore dei genitori non poteva essere sostituito da quello di nessun altro.

Le lacrime cominciarono a scendere sul volto della ragazza, mentre i singhiozzi le turbavano il petto, non c’era bisogno che il suo insegnante completasse la frase, sapeva come sarebbe andata a finire.

Non poteva crederci, non voleva crederci, una voce urlava dentro di lei che era tutto un brutto sogno, che si sarebbe svegliata di nuovo nel suo letto, a casa, al sicuro.

Fra le braccia di sua madre, come sempre succedeva quando si svegliava dopo aver avuto un incubo.

Sua madre.

Aveva i capelli corti, ricci e biondi. Il viso era magro, gli occhi grandi e verdi; aveva le sue stesse lentiggini sul naso che era piccolo e leggermente all’insù. Anche le labbra erano strette, ma allo stesso tempo carnose e rosse.

Morta.

Senza vita, destinata a scomparire da quel mondo.

Cos’aveva fatto di male? Che cosa aveva fatto per meritarsi questo?
I singhiozzi si fecero più forti mentre la ragazza piantava le unghie nelle sue gambe.

Il dolore fisico forse avrebbe diminuito o per lo meno nascosto quell’ampia ferita che le stava squarciando l’anima.

E suo padre?

Dal quale aveva ereditato poco se non il colore degli occhi che venivano tanto ammirati da tutti. Era sempre stato buono, era sempre stato gentile.

E lei che l’aveva sempre considerato un orso, per il suo animo burbero e scontroso. Non gli aveva detto ti voglio bene da tanto, troppo tempo.

Non ci sarebbe stata più occasione di ricordarglielo.

Morti.

Quella parola martellava nella sua mente, mentre si sentiva svuotata, ogni emozione scomparsa, se non quell’immenso dolore che la stava distruggendo. Non riusciva a respirare, mentre annaspava alla ricerca di ossigeno, il suo cuore aveva fermato la sua corsa, ma la morsa nel suo petto non era diminuita, se non addirittura aumentata. Un senso di nausea invase il suo stomaco, mentre sentiva i conati attanagliarle il ventre.

Gli occhi erano sgranati e aperti, increduli fissavano il vuoto, mentre le lacrime continuavano a bagnarle le guance, copiose, amare scendevano a fiotti.

Sentì le braccia di Remus avvolgerla in un caldo abbraccio, ma la ragazza lo sentiva distante; non c’era nulla che potesse fare per lei, era l’unica in grado di percepire il dolore dentro di sé.

Il suo corpo tremò al contatto con quello del suo professore, sebbene non fosse assolutamente in grado di percepire la sua presenza tanto era immersa in sé stessa, la sensazione che ne suscitò fu quella di riportarla alla realtà.

“M-mi dispiace” sussurrò Remus stringendola più forte, ma sapeva che le sue parole non avrebbero lenito il dolore che la ragazza stava provando.

“Dimmi che non è vero” mugolò Hermione disperata, il peso di quell’improvviso avvenimento la stava schiacciando.

Il cuore del Lupo Mannaro si strinse nel suo petto, mentre un groppo gli bloccò le parole. Era giovane, era ancora una ragazza, sebbene avesse raggiunto l’età adulta. Non era giusto, niente era più giusto in quel mondo. Dio, perché era dovuto succedere?

“Non posso mentire, Hermione” disse lentamente stringendo la testa della ragazza fra le braccia e premendola contro il suo petto.

Un singhiozzo la scosse, mentre cominciava a colpirlo, gli occhi ciechi per la rabbia, per la disperazione che la stava divorando.

Cercava di scaricare la tensione su di lui, anche se sapeva benissimo che non avrebbe portato a nulla, ma sentiva il bisogno di farlo.

Remus non la fermò, anzi la strinse con più forza a sé, mentre piangeva disperata. Chiuse gli occhi con rabbia, non sarebbe dovuto succedere, non si poteva morire così.

Dopo quelle che le parvero ore, Hermione si fermò, riposando la testa sul suo petto, ma non diminuendo i singhiozzi che le scuotevano il corpo, facendole sobbalzare il petto contro il suo.

“Chi è stato?” chiese stancamente in un sussurro disperato.

Remus aprì gli occhi, incontrando quelli grandi e selvaggi di Hermione.

C’era una grande decisione in quello sguardo, qualcosa che lui sapeva poteva diventare pericoloso.

Non poteva dirglielo, non sarebbe stata una saggia decisione.

“Dei Mangiamorte, non sappiamo nulla di più” disse fermamente.

La ragazza studiò per un momento gli occhi del professore. Spostò lo sguardo da un’iride all’altra, mentre l’uomo stringeva la mascella con forza.

“Stai mentendo” sibilò quasi con rabbia “Non mentirmi… mai” aggiunse decisa.

Il cuore di Remus accelerò per un momento; era persino troppo intelligente e lui troppo stupido per aver pensato di essere in grado di imbrogliarla.

Distolse lo sguardo dalla ragazza, guardando lontano, verso quel cielo grigio e pallido che rendeva l’aria se possibile ancora più tesa.

“Chi è stato?” lo spronò alzandosi e incrociando le gambe davanti a lui.

Lupin non si voltò, mentre chiudendo gli occhi sussurrava il nome del mostro che li aveva uccisi.

Hermione perse il respiro, credendo che mai sarebbe stata in grado di recuperarlo.

Si chinò in avanti, mentre un conato le prendeva lo stomaco. Gli occhi erano selvaggiamente sgranati, lacrime silenziose le bagnavano le guance; il corpo tremava, mentre incredula fissava il prato sotto di lei.

Con le mani cominciò a strappare ciuffi di erba, quanto era ingiusta la vita.

Ma ancora una volta si fermò, rannicchiando le ginocchia al petto e poggiandovi sopra la testa per riposare.

“Io lo uccido” sussurrò lentamente serrando gli occhi.
Immagini dei volti dei suoi genitori continuavano a balenare nella sua mente, i ricordi fluivano dolorosi, mentre nulla sarebbe mai rimasto come prima.

La frase appena pronunciata dalla ragazza lo fece raggelare, sapeva che in quel momento Hermione era terribilmente scossa, ma le parole che aveva detto lo ferirono. Non c’era da biasimare il suo comportamento, ma non avrebbe mai permesso ad Hermione di diventare un’assassina, come mai le avrebbe permesso di dargli la caccia.

Un altro strano ricordo invase la mente di Hermione mentre rimaneva lì seduta, raggomitolata per il freddo che sentiva dentro di sé.



C’era una gran confusione tutt’attorno, persone andavano e venivano e un brusio di voci di sottofondo risuonava nelle sue orecchie.

Harry e Ron erano accanto a lei, così come il signor Weasley, Ginny e i gemelli. Non riconobbe il luogo fino a quando non distinse gli spalti dello stadio di Quidditch, costruito appositamente per la Coppa del Mondo. Improvvisamente percepì una gelida voce alle sue spalle. Si voltò, veloce.

Lucius Malfoy era in piedi davanti a lei, giusto un gradino sopra di loro; indossava un lungo mantello nero, i capelli biondi erano sciolti e cadevano perfetti sulle sue spalle. Le mani erano coperte da dei guanti in pelle, stringevano delicatamente un bastone, nero anch’esso; la testa del bastone luccicava, era un serpente d’argento; le fauci erano spalancate e due smeraldi erano incastonati al posto degli occhi.

Alzò lo sguardo verso di lui, incontrando i suoi occhi.

Erano freddi, gelidi e lontani. Lanciavano frecce ghiacciate di odio nei suoi stessi occhi, mentre Hermione si sforzava di mantenere il contatto visivo.

Arrossì, ma non distolse lo sguardo, fissandolo fiera e coraggiosa. L’uomo serrò lo sguardo nel suo; l’espressione sul suo viso era seria e dura; nulla esprimeva, se non un perfetto controllo. La guardò ancora un momento, sorridendo appena, per poi voltarsi seguito dal figlio.


“Hermione…” disse Remus scuotendola leggermente.

La ragazza aprì gli occhi incontrando le iridi azzurre del suo ex-insegnante. Per un attimo ebbe paura che fossero quelle del Mangiamorte, ma quelle di Lupin erano decisamente più calde e rassicuranti.

Deglutì chiudendo gli occhi, l’immagine del volto di quel mostro ancora impressa nella sua mente.

“Sei svenuta, è meglio che torni dentro e mangi qualcosa.” Disse severo osservandola scrupolosamente.

La ragazza scosse la testa, liberandosi dalla sua stretta e rimettendosi a sedere. L’ultima cosa che voleva fare era mangiare e fronteggiare i suoi amici.

L’avrebbero trattata diversamente, avrebbero provato pietà nei suoi confronti, e questa era l’ultima cosa che voleva.

“Vai via Remus, ho bisogno di stare sola.” Disse atona sentendo scendere su di lei il peso del dolore.

Il professore si alzò con fatica, lanciandole un’ultima occhiata prima di camminare lentamente verso la casa. Odiava vederla così, ma sapeva anche che non le sarebbe stato di alcun aiuto in un momento del genere. Doveva superarlo, da sola. Avrebbe dovuto vincere quella battaglia senza l’aiuto di nessun altro.

Era sicuro che Hermione ce l’avrebbe fatta, bastava darle un po’ di tempo e avrebbe ritrovato la sua forza interiore; com’era anche sicuro che Lucius Malfoy avrebbe pagato per ciò che aveva fatto.

Con rabbia rientrò in casa dove tutti aspettavano intrepidi notizie di Hermione.

“Come sta?” chiese Molly avvicinandosi a Remus.

Il Lupo Mannaro scosse la testa, mentre posava gli occhi verso il pavimento di legno.

Ron sbatté il pugno sul tavolo esclamando “Io lo uccido, Lucius Malfoy!”



Hermione aveva seguito con lo sguardo Remus che camminava nel prato tornando dentro in casa.
Sentì freddo mentre si raggomitolava ancora più in sé stessa. Non se la sentiva di tornare in casa, sarebbe stato ancora più difficile da sopportare; i loro sguardi le avrebbero ricordato in ogni momento cosa le era successo.

Le due persone a lei più care, quelle che l’avevano data alla luce, erano morte.

Le due persone che le avevano donato ciò di cui più bello c’era al mondo, la vita, erano morte.

Le narici si dilatarono, mentre nuovamente le lacrime cominciarono a scendere sulle sue guance. Era tutta colpa sua, se solo non fosse stata una strega, se solo non avesse stretto amicizia con Harry, sarebbero ancora in vita.

Con forza lanciò un pugno verso il terreno duro e secco, la sua mano urlò di dolore, ma non le importava. Il suo cuore straziato urlava di più.

Sapeva che il tempo avrebbe lenito le sue ferite, gliele avrebbe fatte dimenticare, ma questo lei non lo voleva. Se un giorno si fosse dimenticata dei suoi genitori, se un giorno non fosse stata più in grado di vedere i loro volti nella sua mente, quel giorno sarebbe dovuta morire.

Chiuse gli occhi, mentre numerosi ricordi le assalivano la mente, dolorosi le facevano tornare in mente i momenti passati con loro, dai più felici ai più terribili.

E ora, non ci sarebbe mai stata più occasione di rivederli, mai li avrebbe potuti abbracciare, mai avrebbe sentito il suono della loro voce.

Mai.

Quanto le faceva male pronunciare quella parola, ma era la realtà, che ci volesse credere oppure no, quello era ciò che avrebbe dovuto fronteggiare nella sua vita.

Un pensiero balenò nella sua mente, raschiò il terreno con forza, mentre decisa si alzava e cominciava a camminare lentamente, ma sicura verso la casa.



“Vado da Hermione” disse Ron improvvisamente alzandosi.
“Fermo,” lo bloccò Lupin “Tu non vai da nessuna parte. Ha bisogno di stare da sola.”

Lo sguardo del ragazzo saettò verso quello del suo insegnante. Incredulo lo fissò “Io devo andare da Hermione. Ha bisogno di me” disse fermamente avanzando verso la porta.

Remus lo bloccò per un braccio “No, ha bisogno di accettare la situazione, lasciala in pace.” Ordinò ancora più deciso il Lupo Mannaro.

“Avanti, Ron.” Commentò la signora Weasley in tono materno e comprensivo “Ha ragione Remus.” Sapeva cosa il figlio stesse provando in quel momento, sapeva che avrebbe solo aiutato Hermione, ma non era quello il modo per farlo. Remus aveva ragione, Hermione aveva bisogno di accettare la cosa.

Il ragazzo non del tutto convinto lanciò un’occhiata verso Harry che però scosse la testa in segno di disapprovazione. Il ragazzo poteva solo immaginare cosa stesse provando Hermione, anche lui aveva perso i suoi genitori e sapeva cosa voleva dire sentirsi soli, ma lui non li aveva mai conosciuti. Dentro di sè stava provando una rabbia terribile. Sapeva che la colpa di quell’incidente, no, omicidio era in parte sua. Hermione non sarebbe stata così tanto in pericolo se non fosse stata sua amica.
Chiuse gli occhi stringendo con forza la tazza davanti a lui. Arthur si alzò, abbracciando la moglie; Molly ricambiò il gesto affettuoso, ringraziando il cielo che fossero ancora vivi, non aveva idea di come i suoi figli sarebbero stati capaci di andare avanti. Ma Hermione non si doveva preoccupare di questo, avrebbe potuto sempre contare sul suo appoggio, così come su quello di Arthur.

“Mi raccomando” disse il signor Weasley uscendo dalla porta “Pensate ad Hermione.”

Ron lo guardò leggermente sorpreso mentre il padre si richiudeva la porta alle spalle, spostò gli occhi su Remus ancora una volta, guardandolo indispettito, ma tornò a sedersi a tavola.

“Mamma” disse improvvisamente guardandosi attorno.

La signora Weasley alzò le sopracciglia aspettando la domanda del ragazzo.

“Dov’è Ginny?” chiese costernato e terribilmente preoccupato.

“E’ andata fuori, aveva bisogno di prendere un po’ d’aria.” Rispose Molly.



In quel preciso momento Hermione aprì la porta della cucina, entrando nella stanza. Tutti gli occhi dei presenti saettarono verso di lei, ma non appena lei ricambiò gli sguardi, questi si abbassarono al suolo, dispiaciuti.

Hermione trattenne l’umiliazione dentro di sé, doveva dimostrarsi forte, il dolore l’avrebbe tenuto per sé, a loro non doveva interessare nulla di ciò che provava dentro.

“Hermione…” sussurrò piano la signora Weasley “Come stai, cara?” disse avvicinandosi, un sorriso triste sulle labbra.

La ragazza non rispose, i suoi occhi parlavano per lei.

Si voltò verso Remus. Con decisione serrò lo sguardo nel suo “Ho bisogno di vederli.” Disse fermamente.

Completamente scioccato, Remus balbettò in risposta “Hermione… Io non credo che sia una buona idea.”

“Devo vederli” ripeté la ragazza.

“Hermione, cara” disse la signora Weasley comprensiva prendendola per le spalle “Hai bisogno di riposarti, avanti vai a letto, ti chiamo per ora di pranzo.”

La ragazza non si mosse di un centimetro, continuando a fissare Remus negli occhi, si scrollò dalla presa di Molly mentre quell’unico pensiero le martellava in mente.

Doveva ricordare, per mai più dimenticare.

“Saremo di ritorno per pranzo, Molly” rispose Lupin serrando il suo sguardo in quello della ragazza.

Hermione non sorrise, non ci aveva nemmeno provato; ma i suoi occhi esprimevano la loro riconoscenza verso il suo insegnante.

Molly boccheggiò incredula e del tutto contrariata, come allo stesso modo fece Ron, spostando lo sguardo dall’amica al Lupo Mannaro.

“Remus” lo rimproverò severa “Non credo che sia una buona idea.”

“Non preoccuparti, Molly” replicò lui “Sarà al sicuro.”

Hermione chiuse gli occhi respirando profondamente.
Harry alle sue spalle annuì la sua approvazione, ma né Mollyné Ron erano d’accordo.

Tuttavia nessuno dei due poté fare nulla per fermarli.

Al fianco di Lupin, Hermione lasciò la Tana avviandosi nel giardino. Camminarono lentamente; il cuore di Hermione batteva furioso nel suo petto mentre si avvicinavano sempre di più verso l’uscita. Aveva paura di quello che avrebbe potuto trovare, aveva paura di come sarebbe stata ridotta la sua casa, ma si sentiva in dovere di farlo.

Ricordare, per mai dimenticare.

Remus si era stupito della determinazione dimostrata dalla ragazza. Poteva solo immaginare cosa stesse provando Hermione in quel momento, ma era sicuro che se si sentiva di farlo, lui non avrebbe dovuto impedirglielo.

Aprì il cancello spingendolo con una mano, tenendolo aperto il tempo sufficiente perché Hermione lo attraversasse.

Una volta che con un cigolio il cancelletto si fu richiuso, Remus fissò Hermione serio e fermo. “Andiamo?” le chiese il più umanamente possibile.

Hermione serrò lo sguardo nel suo. Dio, per quanto doloroso si sarebbe potuto rivelare, sapeva che doveva farlo, altrimenti rimanere in uno stato tale di ignoranza l’avrebbe completamente uccisa. Non poteva, non doveva fare a meno di andare a vedere come era stata ridotta la sua casa.

L’avrebbe fortificata quell’esperienza, maturando avrebbe accettato la cosa e sarebbe stata in grado di accettarla.
Annuì la sua risposta.

Remus tese il braccio verso di lei; Hermione esitò per un momento prima di stringerlo nel suo, ma in un momento con un sonoro pop scomparirono dalla Tana.

 
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°piperina°
view post Posted on 31/8/2008, 11:41




Oddio, non avevo visto che l'avevi pubblicata O__O sorry!

Dunque... una cosa che mi ha colpita molto e che mi piace tanto della tua storia è la descrizione dei sentimenti di Hermione.
Sono reali, davvero reali. La situazione in cui si trova è tremenda, ma hai analizzato bene, attimo dopo attimo, come si sente lei man mano che prende coscienza di qaunto è accaduto.
Forse io l'avrei fatta disperare un pò di più, e reagire sì in questo modo, ma non subito. Non è una cosa umanamente sopportabile.
In parte parlo per esperienza personale, per la perdita di una delle eprsone più importanti della mia vita.
La reazione dura non viene così, subito. Questo però è forse l'unico aspetto che non mi ha convinto tanto del tuo primo capitolo.

Mi è piaciuta moltissimo la scelta di non far dire esplicitamente a Lupin il nome dell'assassino dei signori Granger. Lui lo sussurra, e noi lo sappiamo dal ricordo che Hermione ha di lui.

E' bella come storia, molto bella. Brava ^_______^
 
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1 replies since 26/8/2008, 14:05   389 views
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